SAP2000 v. 11.0.4 : bug in displaying area loads assignments

In SAP2000 v. 11.0.4 when you try to show area loads by using the options “uniform load contours” you see only one color while you could get the right color distribution. This graphic bug may give some problems when you assign area loads in shell elements and when you have to check their location. Example: Start SAP2000 and choose “New model > Flat stab” and, assuming default values for “Slab”, click on “Ok” button. Choose “X-Y Plane” view; now select the middle area as shown below:

SAP2000 - select middle area in flat stab

Now define a new load case in “Define > Load cases …” menu item. In “Define loads” window add a new case i.e. name “Loads”, type “Live”, self-weight multiplier “0” . Then assign an uniform load value to the selected area: go to “Assign > Area loads > Uniform (shell)” menu item, choose the load name previously defined (i.e. “Loads”), check the “Add to existing loads” radio item and type a value in direction gravity – global coordinates (i.e. 10 KN).

SAP2000 will show you by default area load values for each shell element: SAP2000 - load assignments values

For a better understanting of load values you would use colors instead of single values. To do this go to “Display > Show load assigns > Area …” menu item. Select the load case previosuly defined (i.e. “Loads”), check the “Uniform load contours” radio button, choose “GLOBAL” coordinate system, direction “gravity” and click “Ok”. You will expect that the selected area is painted with the default color for the maximum value (i.e. blue for 10 KN) and the remaining part of the flat stab painted with the default color for the minimum value (i.e. purple for 0 KN). Instead SAP2000 v.11.0.4 will show you something like this:

SAP2000 11 0 0 - load assignments colors

As you can see is impossible to recognize shell elements with 10 KN applied before because you can see only one color. It is curious to note that this graphic bug is not present in SAP2000 v. 11.0.0 version; if you repeat steps before by using this version of the software you will have this result:

SAP2000 - right load assignments

that is the right area load graphic rendering. This bug issue was tested on a MacBook 2.16 GHz Intel Core 2 Duo with Windows XP SP3® installed (and run by using Bootcamp®; and VMWare Fusion® ) and on a HP Compaq notebook with Windows XP SP2® installed. In conclusion, if you want to avoid this annoying problem, you have to downgrade to 11.0.0 (or use it only for this function).

La SIAE (ci) colpisce ancora

Nella continua lotta contro la pirateria, nella quale si fronteggiano produttori (case discografiche, software-house …) e gli utenti più smaliziati, ci si è sempre dibattutti sul tema caldo del giusto compenso per gli autori in rapporto al prezzo da pagare. Tecniche anti-copia, codici seriali e qualsiasi altra protezione non sono riuscite ad arginare la pirateria la quale, aiutata in buona parte dal peer to peer, si è conquistata un ‘ importante fetta di mercato a scapito dei produttori stessi. Questi ultimi, però, non hanno certo incentivato e spinto il mercato verso la “regolarizzazione”, soprattutto per quanto riguarda la politica dei prezzi, già  precedentemente argomentata. Perchè discutere ancora di un argomento già  trattato prima? La spiegazione sta tutta nel decreto legislativo sul diritto d’autore approvato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale che entrerà  in vigore il 29 aprile. Nonostante le numerose proteste e petizioni corse soprattutto su internet, tra poco entreranno in vigore gli aumenti sui supporti vergini promosso dalla S.I.A.E. volto, secondo loro, a proteggersi dai danni derivanti dalla pirateria. In cosa consisteranno questi aumenti? Copio e incollo il riassunto tratto dal sito Af Digitale :

a)supporti audio analogici, 0,23 euro per ogni ora di registrazione;

b)supporti audio digitali dedicati, quali minidisc, CD-R audio e
CD-RW audio: 0,29 euro per ora di registrazione. Il compenso è aumentato
proporzionalmente per i supporti di durata superiore

c)supporti digitali non dedicati, idonei alla registrazione di
fonogrammi, quali CD-R dati e CD-RW dati: 0,23 euro per 650 megabyte.

d)Memorie digitali dedicate audio, fisse e trasferibili, quali flash
memory e cartucce per lettori MP3 e analoghi: 0,36 euro per 64 megabyte

e)Supporti video analogici: 0,29 euro per ciascuna ora di
registrazione;

f)Supporti video digitali dedicati, quali DVHS, DVD-R video e DVD-RW
video: 0,29 euro per ora, pari a 0,87 euro per un supporto con capacità  di
registrazione di 180 minuti. Il compenso è aumentato proporzionalmente per
i supporti di durata superiore;

g)Supporti digitali idonei alla registrazione di fonogrammi e
videogrammi, quali DVD Ram, DVD-R e DVD-RW: 0,87 euro per 4,7 GB. Il
compenso è aumentato proporzionalmente per i supporti di durata superiore;

h)Apparecchi esclusivamente destinati alla registrazione analogica o
digitale audio o video: 3 per cento dei relativi prezzi di listino al
rivenditore.

Questi compensi sono applicati alla fonte, vanno ad accrescere il valore del prodotto e quindi, per l’utente, sono quindi da intendersi al netto di IVA. Vanno quindi, ai fini dei maggiori costi per l’utente, maggiorati di un ulteriore 20%.
Incredibile vero? Prima di correre a fare scorta degli ultimi CD a basso prezzo, riflettiamo un attimo sugli effetti e sulle motivazioni di questa legge. Con questo decreto viene ribadito il diritto alla copia esclusivamente personale di contenuti audio/video di legittima proprietà , ma al tempo stesso vieta categoricamente la possibilità  di poter violare i sistemi anti-copia e le varie protezione che proprio questi contengono. Come spiegare un tale controsenso? Come poter godere di un diritto senza finire fuorilegge, verrebbe da pensare a questo punto? Inoltre, analizzando da un punto di vista più pratico, ci sono anche altri aspetti che preoccupano. Perchè tassare anche hard disk e soprattutto le memory card, le memorie flash utilizzate per le fotocamere digitali, accusate come probabile mezzo di scambio di materiale “illecito”? Chi arriverebbe a così tanto e per cosi poco poi? Ma la controversia più grande sta nella filosofia stessa del decreto, che punisce “l’intenzione” della frode, partendo dal presupposto che questi supporti vengano utilizzati esclusivamente (o quasi) per fini illegali. Un utente “disonesto” che non ha intenzione di spendere 20€ per un CD, ne spenderà  1 o poco più, non verrà  particolarmente intaccato e quindi ci guadagna comunque. L’utente onesto che invece lavora quotidianamente con supporti magneto/ottici si ritroverà  ad affrontare un aumento che graverà  molto sul proprio profitto, e ci perderà . Basti pensare a chi lavora nell’ambito musicale, dove masterizzazioni e registrazioni sono all’ordine del giorno e i CD-R sono il pane quotidiano; come affrontare una spesa del tutto ingiustificata? Ma il problema si pone anche per tutti coloro che hanno la necessità  di effettuare frequenti backup dei propri dati, di certo non una percentuale irrisoria, che dovranno fare i conti con un peso in più. Contemporaneamente verranno inoltre inasprite le pene e le multe per coloro che acquistano e rivendono CD o DVD illegali, e per coloro che condividono materiale protetto da copyright su Internet; insomma, brutti tempi per tutti gli utenti, non solo per i pirati. Chi ha fatto in tempo avrà  già  fatto la scorta, magari alcuni ordineranno via internet o all’estero (Svizzera, Austria …) , e chi ci perde inoltre è anche il piccolo commerciante finale. Insomma, un decreto che scontenta tutti, tranne la SIAE stessa ovviamente, che vedrà  i consumatori subire un’ inutile peso sulle proprie tasche e le forze dell’ordine e del fisco sprecare le proprie energie e risorse.

Palladium, incubo monopolio

La voce circolava da tempo, e quando nelle pagine di MSNBC/Newsweek ne è comparsa la notizia, si è pensato subito ad uno dei soliti e maldestri tentativi della Microsoft di imporre il suo monopolio sull’intero sistema informatico. Stiamo parlando del famigerato Palladium, la soluzione finale secondo loro e l’Intel per “bloccare la pirateria, i virus e i programmi indesiderati sul pc”. In pratica si creerebbero delle zone di memoria “riservate”, dove possono alloggiare solo ed esclusivamente programmi certificati dalla Microsoft stessa oppure dalle aziende che ne richiedono, mentre l’hardware funzionante sarebbe sempre e solo quello certificato. Sempre secondo loro, ciò garantirebbe un pc sicuro e perfettamente funzionante. Secondo me, e secondo molti, questo non rappresenterebbe altro che la fine della libertà  dell’utente di poter gestire il proprio pc con i propri contenuti. Questa volta infatti non si tratta di semplici protezioni software, ma veri è propri blocchi hardware, che lascerebbero spiazzati molti anche tra gli utenti “esperti” . Non si potranno installare programmi alternativi e – soprattutto – sistemi operativi alternativi, Linux in testa. Morte dell’open-source e della libera programmazione, fatta da milioni di utenti nel mondo, costretti a richiedere ogni volta costose certificazioni per far funzionare le proprie applicazioni. E’ veramente giusto un sistema del genere? E’ “conveniente” utilizzare un sistema che garantirebbere migliore sicurezza ( a parte i vari worm e le varie intrusioni, ma a casa Microsoft non ci fanno molto caso ) in cambio di sottostare al diktat di poche multinazionali e major a scapito della nostra libertà  di scegliere cosa mettere e cosa non volere sul nostro personal computer? Sperando in un ennesimo intervento dell’ antitrust, che veramente deve alla Microsoft tanto lavoro da tanti anni, non ci resta che sperare che questa iniziativa cada nel vuoto, portando con se anche coloro che la appoggiano , Intel in testa.

Discografia ed Internet, amore e odio.

Sembra proprio che non debba avere pace il file sharing su internet, una delle più importanti innovazioni portate dalla grande rete, che minaccerebbe – secondo le case discografiche – il commercio di prodotti musicali con una diretta influenza negativa sui (loro) portafogli e sugli artisti stessi. Dopo l’ennesimo tentativo delle Major di condannare un utente internet reo di possedere circa seicento mp3 condivisi con tutto il mondo, ci viene da riflettere sul futuro dello scambio di file in rete, e della discografia in generale. Intanto i giudici americani hanno dichiarato fallito il mitico Napster , padre di tutta la miriade di software di scambio file su internet , che ora ha come principale creditore la BMG, famosa casa discografica tedesca, la quale aveva scommesso sulla possibilità  di “vendere” gli stessi mp3 che verrebbero scaricati gratis in altri modi . Già , il filesharing dopo l’era napster non è assolutamente morto; anzi, si è evoluto e diversificato, dando vita ad un sistema di scambi internazionale di notevole importanza, con milioni di utenti collegati da ogni parte del mondo. Ci si chiede fino a quando le Major continueranno in questi testardi ricorsi alla magistratura nel (vano) tentativo di bloccare quello che secondo loro rappresenterebbe uno dei “mali” della rete. E’ veramente proficuo seguire una strada del genere? Soprattutto, perchè non si chiedono ( o non si vogliono chiedere) come mai abbia così tanto successo? Il problema è ovviamente quello del costo. Per uno studente venti euro per un singolo cd sono una spesa al limite dell’assurdo, e quindi ovviamente non possono rappresentare una consuetudine, come invece è diventato il download di mp3. Ma non è detto che ad un aumento degli “amanti” del filesharing corrisponda un tracollo delle vendite dei cd; secondo un sondaggio pare che parte di queste persone sia stata incentivata all’acquisto degli originali componimenti; se a questo aspetto positivo uniamo – come detto prima – una diminuzione dei prezzi avremo quasi sicuramente un’impennata delle vendite. Da che mondo è mondo la pirateria è sempre stata intaccata dall’abbassamento ragionevole dei prezzi. Non dimentichiamoci inoltre che la pubblicità  è un elemento fondamentale nel commercio, ed internet rappresenta oggi uno strumento potentissimo per la diffusione e la conoscenza di nuovi artisti, fino ad oggi però snobbato dalle stesse case discografiche preoccupate troppo dei loro portafogli e poco del futuro della musica stessa. Buon kazaa a tutti.

Informatica a scuola: il disastro dei professori

“Questo argomento potrà  non essere nuovo per le orecchie di alcuni ex-studenti, ma mai come ora il problema si presenta nella sua gravità .
Parlo della situazione dell’informatica nelle scuole italiane, che è veramente mostruosa. Si è sempre saputo che molti docenti non fossero all’altezza della propria materia, ma arrivare al punto di “non avere l’abilitazione” ad insegnare una parte dell’ordinario programma è veramente troppo.
Ora vi racconterò un episodio realmente accaduto in una tranquilla e decadente scuola nel centro Italia:

Inizio anno scolastico 2000/2001, classe IIA sperimentale fisica-“informatica” di un Liceo Scientifico. Giunge la notizia di un cambiamento di professori, tra i quali figura anche il docente di matematica. Qualche giorno dopo la sezione si trova difronte ad un problema: la nuova prof. non ha l’abilitazione ad insegnare informatica, tra la delusione e la rabbia di molti. Passano settimane e mesi prima che si faccia la prima ora di questa materia, condotta da un alunno della stessa classe, uno dei più esperti in questo campo. Le lezioni vengono molto spesso saltate, con intervalli di mesi e mesi. Un bel giorno, due mesi e mezzo prima della chiusura della scuola, viene contattato un “tecnico” per risolvere la situazione, ma ora arriva il bello. Questo cosidetto “esperto”, in realtà , ne sa come la professoressa sopracitata di informatica: infatti – quando è stato proposto il programma [che comprendeva la programmazione di siti web e l’insegnamento del linguaggio ipertestuale] – la risposta è stata sempre la stess a e malinconica affermazione: “No, non sono abilitato in questo campo”. Risultato: in quelle poche ore di lezione mensili ci viene insegnato a scrivere l’elenco alfabetico della classe e a colorare i caratteri con Microsoft Word 97. :-o”
Questa lunga digressione potrà  sembrare stupefacente per voi, invece è un caso sempre più frequente e diffuso nelle scuole italiane; e non abbiamo citato altri episodi, come la confusione tra turbo pascal e visual-basic [due linguaggi di programmazione, il primo per DOS, il secondo per Windows] da parte di un docente ad un esame di stato. E potremo continuare all’infinito: basta semplicemente indagare tra le scuole medie e superiori italiane per sbattere contro la dura realtà .
Non perdiamo tempo ad atribuire colpe a questo o a quel professore: il problema risiede all’interno della scuola italiana, che sin dalla sua nascita non ha saputo tenersi aggiornata e soprattutto non ha mai fornito una valida preparazione ai giovani per entrare nel mondo del lavoro.
Se a questa situazione aggiungiamo l’incompetenza di provveditori e presidi [che – nonostante il raggiunto limite di età  – continuano inesorabilmente ad esercitare la propria professione 🙁 ] , i quali non sanno mettere “l’uomo giusto al posto giusto”, si spiega, almeno in parte, la grave situazione che noi studenti stiamo affrontando.
Nel frattempo dobbiamo continuare a tirare avanti, cercando noi – studenti più preparati – di ovviare a ciò, insegnando – se necessario – ai nostri bravi professori come accendere un computer! ;-)”