Sembra proprio che non debba avere pace il file sharing su internet, una delle più importanti innovazioni portate dalla grande rete, che minaccerebbe – secondo le case discografiche – il commercio di prodotti musicali con una diretta influenza negativa sui (loro) portafogli e sugli artisti stessi. Dopo l’ennesimo tentativo delle Major di condannare un utente internet reo di possedere circa seicento mp3 condivisi con tutto il mondo, ci viene da riflettere sul futuro dello scambio di file in rete, e della discografia in generale. Intanto i giudici americani hanno dichiarato fallito il mitico Napster , padre di tutta la miriade di software di scambio file su internet , che ora ha come principale creditore la BMG, famosa casa discografica tedesca, la quale aveva scommesso sulla possibilità di “vendere” gli stessi mp3 che verrebbero scaricati gratis in altri modi . Già , il filesharing dopo l’era napster non è assolutamente morto; anzi, si è evoluto e diversificato, dando vita ad un sistema di scambi internazionale di notevole importanza, con milioni di utenti collegati da ogni parte del mondo. Ci si chiede fino a quando le Major continueranno in questi testardi ricorsi alla magistratura nel (vano) tentativo di bloccare quello che secondo loro rappresenterebbe uno dei “mali” della rete. E’ veramente proficuo seguire una strada del genere? Soprattutto, perchè non si chiedono ( o non si vogliono chiedere) come mai abbia così tanto successo? Il problema è ovviamente quello del costo. Per uno studente venti euro per un singolo cd sono una spesa al limite dell’assurdo, e quindi ovviamente non possono rappresentare una consuetudine, come invece è diventato il download di mp3. Ma non è detto che ad un aumento degli “amanti” del filesharing corrisponda un tracollo delle vendite dei cd; secondo un sondaggio pare che parte di queste persone sia stata incentivata all’acquisto degli originali componimenti; se a questo aspetto positivo uniamo – come detto prima – una diminuzione dei prezzi avremo quasi sicuramente un’impennata delle vendite. Da che mondo è mondo la pirateria è sempre stata intaccata dall’abbassamento ragionevole dei prezzi. Non dimentichiamoci inoltre che la pubblicità è un elemento fondamentale nel commercio, ed internet rappresenta oggi uno strumento potentissimo per la diffusione e la conoscenza di nuovi artisti, fino ad oggi però snobbato dalle stesse case discografiche preoccupate troppo dei loro portafogli e poco del futuro della musica stessa. Buon kazaa a tutti.
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Discografia ed Internet, amore e odio.
Sembra proprio che non debba avere pace il file sharing su internet, una delle più importanti innovazioni portate dalla grande rete, che minaccerebbe – secondo le case discografiche – il commercio di prodotti musicali con una diretta influenza negativa sui (loro) portafogli e sugli artisti stessi. Dopo l’ennesimo tentativo delle Major di condannare un utente internet reo di possedere circa seicento mp3 condivisi con tutto il mondo, ci viene da riflettere sul futuro dello scambio di file in rete, e della discografia in generale. Intanto i giudici americani hanno dichiarato fallito il mitico Napster , padre di tutta la miriade di software di scambio file su internet , che ora ha come principale creditore la BMG, famosa casa discografica tedesca, la quale aveva scommesso sulla possibilità di “vendere” gli stessi mp3 che verrebbero scaricati gratis in altri modi . Già , il filesharing dopo l’era napster non è assolutamente morto; anzi, si è evoluto e diversificato, dando vita ad un sistema di scambi internazionale di notevole importanza, con milioni di utenti collegati da ogni parte del mondo. Ci si chiede fino a quando le Major continueranno in questi testardi ricorsi alla magistratura nel (vano) tentativo di bloccare quello che secondo loro rappresenterebbe uno dei “mali” della rete. E’ veramente proficuo seguire una strada del genere? Soprattutto, perchè non si chiedono ( o non si vogliono chiedere) come mai abbia così tanto successo? Il problema è ovviamente quello del costo. Per uno studente venti euro per un singolo cd sono una spesa al limite dell’assurdo, e quindi ovviamente non possono rappresentare una consuetudine, come invece è diventato il download di mp3. Ma non è detto che ad un aumento degli “amanti” del filesharing corrisponda un tracollo delle vendite dei cd; secondo un sondaggio pare che parte di queste persone sia stata incentivata all’acquisto degli originali componimenti; se a questo aspetto positivo uniamo – come detto prima – una diminuzione dei prezzi avremo quasi sicuramente un’impennata delle vendite. Da che mondo è mondo la pirateria è sempre stata intaccata dall’abbassamento ragionevole dei prezzi. Non dimentichiamoci inoltre che la pubblicità è un elemento fondamentale nel commercio, ed internet rappresenta oggi uno strumento potentissimo per la diffusione e la conoscenza di nuovi artisti, fino ad oggi però snobbato dalle stesse case discografiche preoccupate troppo dei loro portafogli e poco del futuro della musica stessa. Buon kazaa a tutti.
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